Storia di un bambino di ieri.
Questa settimana vi parlerò di una pagina triste, ma anche edificante della storia di Milano, una delle tante vicenda legate alle leggi razziali del periodo fascista, simile a quella raccontata qualche tempo fa dalla Ciabattinadx in occasione della presentazione del libro di Gioele Dix “Quando tutto questo sarà finito”. E’ una testimonianza raccolta in realtà da una nostra amica, Francesca Varalli, nell’ambito delle iniziative organizzate dall’Associazione Genitori Stoppani, legata all’omonima scuola elementare milanese. Pertanto sarà a questa inviata speciale che lasceremo subito la parola….
“Ora vi racconterò una storia buffa, una storia triste e una storia avventurosa..”: così inizia la sua narrazione un ospite speciale, invitato alla scuola elementare Stoppani a Milano. E’ il 26 novembre scorso. L’ospite è un ex alunno: Arno Baehr. Lo ascoltano tutti i bambini delle classi quinte. Facciamo, però, un passo indietro… Alla Stoppani (proprio come in altre scuole) è conservato un archivio storico: uno straordinario deposito di informazioni. E’, sì, ancora un po’ polveroso, ma, se lo si interroga, può aprire porte sul passato e ricordare avvenimenti, persone e vita quotidiana della scuola. Un gruppo di genitori si è avventurato in questo deposito, alla ricerca dei registri scolastici degli anni 1937 e 1938. Proprio quei due anni interessavano, perché, per effetto delle cosiddette leggi razziali, emanate in Italia a partire dal 5 settembre 1938, all’inizio dell’anno scolastico 1938-39 fu vietata ai bimbi ebrei la frequenza delle scuole pubbliche.
Quali e quanti bambini erano presenti nei registri del 1937-38 ma assenti dai registri dell’anno successivo? Questa la domanda alla quale volevano rispondere quei genitori, con l’aiuto della Fondazione Cdec. La famiglia di Arno Baehr, il nostro ospite, è stata una di quelle alle quali è stata recapitata una lettera nell’estate del 1938: ad Arno e a suo fratello sarebbe stato impossibile il rientro nelle classi della scuola Stoppani. Ed è proprio questa la prima storia che ci ha raccontato: quella “buffa”. Buffo, no? Venire allontanati da scuola senza alcun motivo se non l’essere ebreo… più buffo, se tu e i tuoi genitori avete già dovuto abbandonare la Germania per sfuggire a questo genere di “iniziative”. Avrete capito, a questo punto, che Arno (“come il fiume”) è uno dei bimbi il cui nome era scritto nel primo registro ma non nel secondo: la classe quinta l’ha dovuta frequentare in un’altra scuola, per ebrei. In tempi più recenti è stato contattato dal gruppo di mamme dell’Associazione Genitori Stoppani e invitato a Milano a parlare con i bambini che oggi occupano quelle stesse classi. E’ arrivato apposta da Israele, dove vive da tanto tempo. Ha 86 anni ora, una moglie (che l’ha accompagnato), tre figli e tanti nipoti e bisnipoti. E’ traduttore e scrittore. E ci ha rapiti (noi grandi sicuramente) con le sue parole. E’ arrivato a scuola sorridente, è andato a vedere i registri, ha riattraversato i luoghi di una parte della sua infanzia dopo quasi 80 anni e, poi, rivolgendosi ai bambini, ha ricordato… con una delicatezza, una profondità ed una capacità di evocare e di coinvolgere stupefacenti.
Tre storie, si diceva…Di quella buffa abbiamo parlato. La storia triste è, invece, triste davvero. Come tutti i sabati, Arno e suo fratello sono ai giardini di Porta Venezia: giocano alla fontana mentre il papà legge il giornale. Arrivano due agenti in borghese. E arrestano il papà. L’accusa è di essere un ebreo “straniero”… Dopo i saluti a moglie e figli in Stazione Centrale, sarà deportato in un campo di internamento nell’Italia meridionale, vicino a Cosenza, dove, dice Arno, non si veniva trattati male. Tornerà a casa dopo cinque anni. Non è andata così bene ai parenti che non hanno lasciato la Germania… Rimane la storia avventurosa. La storia della fuga, quando la situazione per gli ebrei diventa troppo pericolosa anche in Italia: “abbiamo tentato di fuggire in Svizzera, ma lì ci hanno respinti, siamo tornati a Milano, e poi abbiamo trovato a Lambrate persone buone che ci hanno dato rifugio”. E’ una delle parti più belle del racconto. Arno continua a ripetere le parole dei militari che bussano alla porta ed entrano in casa una sera: “Fate i bagagli..” “…domani vi vengono a prendere..” “…a portare via”. Non è Arno che ha perso il filo… Sono i militari che stanno dicendo, senza dirlo, “fuggite”. Non voglio, però, rivelarvi troppo, perché, se Arno tornerà, consiglio di andare a sentirlo o consiglio di leggere le sue parole affidate a “La lunga strada dal Reno al Giordano” (Giuntina, 2008).
Tante le domande dei bambini (“in che sezione eri?”, “la scuola era uguale ad ora?”, “vi siete salvati tutti della famiglia?”). Qualcuno sapeva di cosa si stava parlando, qualcuno no. Certo è che sentire parlare un (ex) bambino che nel 1937 stava seduto nel banco che occupi tu non può non arrivare al cuore.
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[…] Iniziamo il racconto da una scuola elementare di Milano: la scuola Stoppani di piazzale Lavater. Un istituto molto attento agli eventi che sconvolsero quegli anni e che sta facendo un lavoro egregio con lo studio dei loro archivi: gli alunni prima dello scoppio della II Guerra Mondiale erano tanti, maschietti e femminucce. Le famiglie di alcuni di loro nell’estate del 1938 ricevettero una lettera: si informava che a settembre ai loro figli non sarebbe stato consentito il rientro a scuola, come agli altri compagni. Le leggi razziali impedivano da quel momento la frequenza ai bambini ebrei. Qualcuno ricorderà che abbiamo già in passato presentato un ex alunno allontanato, ora bisnonno, rintracciato confrontando i documenti (nomi che comparivano nei registri a giugno del 1938 e non a settembre, alla ripresa dell’anno scolastico del 1939): Arno Baher. […]
[…] la storia ci ha insegnato esservi legato, ad iniziare, in particolar modo per il nostro Bel Paese, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini e delle attività economiche ebraiche, gli italiani di […]
[…] di cui peraltro ci siamo occupati anche in passato, parlando della vicenda di molti bambini costretti a lasciare prima la scuola e poi Milano e di qualcuno, che sopravvissuto è pure voluto ritornarci. Ricordiamo come il […]
[…] trovarono rifugio durante e dopo le persecuzioni razziali, oppure attraverso la storia del piccolo Arno Baehr, o anche mediante la testimonianza di Esther Fintz […]