Luminarie di Natale e passeggiata in Galleria.
In questi giorni di festività, alla ricerca spasmodica di qualche idea regalo, è stato inevitabile non passare dalle vie dello shopping e non notare la quantità e soprattutto la differenza di luminarie tra le zone più centrali e quelle più periferiche. Naturalmente la questione è economica, cioè risiede nella somma che l’associazione commercianti di una determinata via ha raccolto e ha deciso di stanziare per addobbare lo spazio fuori dalle proprie vetrine. C’è sempre però quella zona non definita dalla mera parte monetraria, che appartiene allo stile, al decoro e al buon gusto.
Diciamo che già per loro natura, le luminarie sono un po’ kitsch, qualcosa che sta a metà tra la sensazione di essere in una sagra paesana e/o in un grande luna park. Quello che fa la differenza, come quando si addobba un bel albero di Natale, sta nella composizione, nella scelta dei pezzi, nel saperli accostare e montare insieme.
Ecco! in questi giorni è stato come avere sotto gli occhi una carrellata di alberi natalizi, confezionati dalle mani più disparate, e di natura completamente diversa. Peccato che gli alberi si montino in casa, in ambienti completamente indipendenti, rispecchiando il gusto e lo stato socio-culturale di chi vi abita. Qui invece stiamo parlando di una dimensione cittadina, di un continuum spaziale e perciò stridono in maniera evidente uno dall’altro: girato l’angolo di una via cambiano forma e colore, con una sensazione di straniamento piuttosto forte. Per non parlare di quegli addobbi anarchici, che i singoli commercianti giustappongono a quelli di strada, allestendo fuori dalle loro vetrine ulteriori festoni, luci ad intermittenza e altre palle varie…
Segnaliamo pertanto quelle che la redazione di ciabattine ha reputato le più interessanti: dall’1 al 24 dicembre, piazza Duomo, oltre al consueto abete illuminato ha ospitato il “Calendario musicale dell’Avvento”: con una parentesi musicale, come nei consueti calendari natalizi, ogni giorno si è illuminata una finestra dei portici, per scandire l’approssimarsi della festa religiosa, offrendo così un caloroso benvenuto a passanti e turisti. Particolarmente efficaci, di buon gusto e naturalmente ricchi, abbiamo trovato quelli del cosiddetto quadrilatero della moda. Ci siamo soffermati, ammirati, sui portali che scandivano, in campate, il tradizionale percorso dello shopping in Via Spiga.
Naturalmente in questa disamina non potevamo trascurare il salotto buono dei milanesi. Abbiamo accennato in un articolo alla nascita delle luci in Galleria. E abbiamo già esposto come l’isolato oggi occupato dalla strada coperta era un’area enorme tanto grande da aver preso il posto di un quartiere della vecchia Milano, conosciuto come Contrada dei Due Muri. Storicamente il primo muro difensivo era stato costruito dai Celti, e con l’arrivo dei Romani ne fu realizzato uno parallelo. In seguito l’abitato aveva seguito l’andamento delle mura che erano così vicine da tenervi incuneate una serie di case strette e fatiscenti, in un tessuto fittissimo fatto di vicoli e costruzioni, uno sopra l’altra. Nel 1864, presero avvio i lavori per la costruzione della Galleria: la città la offre al nuovo re Vittorio Emanuele II, in occasione della sua visita. Così il progettista l’arch. Giuseppe Mengoni, nel 1865 posa la prima pietra, nell’area dell’Ottagono, alla presenza del re, sotto una fitta nevicata (come immortalato nel quadro di Domenico Induno).
L’idea, con una struttura reticolare in ferro e vetro, consiste nella creazione di una strada pedonale coperta, adibita a elegante centro commerciale, su una pianta a croce. La nuova strada o “bazar”, sarà la prima di una serie di imitazioni, così come avverrà a Napoli per la Galleria Umberto I, negli anni ’80 dello stesso secolo. I muri perimetrali vengono rivestiti con decorazioni di gusto ottocentesco, con cariatidi, graffiti, stucchi, grandi mosaici a colori con figurazioni allegoriche.
Nel 1867 si ha l’apertura della nuova galleria. Ma l’arch. Mengoni, non assisterà al compimento della sua creatura, perché scivolerà da un’impalcatura, nel 1877, morendo sul colpo.

Le sempre meravigliose luminarie della cupola della Galleria Vittorio Emanuele. come un cielo stellato (Foto di Alloni Luigi)
Diverrà ben presto la sede di tanti locali storici: il confetturiere Biffi, apre qui sin dalla prima ora (sarà anche il primo esercizio a cui viene rotta la vetrina da manifestanti nel 1867 durante una protesta contro l’arresto di Garibaldi); il Caffè Gnocchi, sul braccio verso Piazza Scala, assiste nei suoi locali all’accensione della prima luce elettrica; l’editore Ricordi, ha anche lui qui le sue vetrine; Gaspare Campari, l’inventore del famoso bitter, si trasferisce qui con casa (qui nasce infatti suo figlio Davide nel 1867) e bottega; il Caffè Zucca in Galleria dal 1867 (è anche quello che ha registrato ben 87 rotture di vetrine da parte dei dimostranti politici che facevano scorribande in Galleria); persino il Corriere della Sera ha i primi uffici al n.77 della Galleria (nel 1876 tira già 3000 alle 15.00 copie, ha già cambiato più volte proprietario ed inseguirà per molti anni, in numero di tirature, la concorrente La Perseveranza), almeno fino al 1880.
Nel 1884 nasce il Savini, il più noto ristorante di Milano: Virgilio Savini che gestiva un caffè in via Unione, aveva rilevato nel 1881 la birreria Stocker, lì dal 1875. Nel 1902 nel locale viene fondato l’antesignano dell’Automobile Club di Milano da 50 proprietari d’auto. A Milano ci sono già 194 vetture! Nel 1925 apre il bar Camparino (ora Zucca) in Galleria. L’arredo, tuttora esistente, comprende i ferri di un maestro del liberty, Alessandro Mazzucotelli, lo stesso che disegnò i lampioni che illuminano ancora oggi, Piazza Duomo.
Ma a Natale sfoggia tutta la sua allure e ci regala il meglio di sè.