Milano quasi come Venezia: alla scoperta di una città sull’acqua.
Dopo le inondazioni delle settimane scorse, con la fuoriuscita dall’alveo dei fiumi di Milano, mi è sembrato attualissimo spiegare ai nostri ragazzi come funziona il sistema idrico della nostra città. Un sistema che in realtà arriva da lontano, ma che ha dovuto subire nel corso di secoli, deviazioni, canalizzazioni e nell’ultimo periodo irrigimentazioni, tombinature e strozzamenti, piuttosto azzardati.
L’idrografia della città moderna è completamente diversa da quella storica, poiché oggi riconosciamo come vie d’acqua esistenti solo quelle che scorrono a cielo aperto, in superficie, o in qualche modo ciò di cui si ha memoria. Stiamo naturalmente parlando dell’orditura primaria di questo sistema. C’è poi una rete capillare di canali, fiumiciattoli, rogge e canali che oggi sono stati fatti confluire in fogna o canalizzati in sotterraneo, perché non più utili.
Iniziamo allora col comprendere, nella rete primaria, i corsi d’acqua di Milano: in primis i fiumi Olona, Seveso, Lambro, poi il Naviglio Martesana e i due Navigli, a sud, Grande e Pavese. In ultima analisi, lasciamo a parte la cerchia dei Navigli, oggi interrata, detta anche fossa interna, poiché anello di collegamento e confluenza di una serie di acque reflue minori della città. Abbiamo visto, nel corso di nostri altri interventi, come, fino all’inizio del Novecento, questo sistema venisse usato comunemente come mezzo per il trasporto merci da e per la città con il suo territorio limitrofo, come strumento per pulire le fognature e le strade dell’abitato. Ancor prima dell’era moderna l’acqua di questa stessa rete era utilizzata come elemento per riempire i fossati difensivi sotto le mura, per irrigare gli orti di cui la città era ricca e per dare forza motrice ai mulini, che si susseguivano su tutta la cerchia interna, in parte per fare girare le ruote dei magli per le fabbriche delle armi (come testimonia il nome del tratto della circonvallazione di via Molino delle Armi) e in parte per macinare cerali da farina (soprattutto sul tratto di Via Fatebenefratelli, oggi interrato).
Il Naviglio Grande lungo circa 50 chilometri, parte dal fiume Ticino, a nord-ovest di Milano, per finire nella Darsena di Porta Ticinese, un bacino artificiale di cui abbiamo parlato ampiamente e che è sottoposto in questo periodo a un progetto di riqualificazione in chiave EXPO.
Il Naviglio Pavese è più corto di quello Grande (circa 33 chilometri) e fa il percorso inverso: prende le acque dalla Darsena di Porta Ticinese, per poi portarle fino al Ticino, nei pressi di Pavia, dove i Visconti avevano fortissimi interessi, prima fondiari e poi commerciali verso il Po. Oggi è utilizzato principalmente per l’irrigazione.

Stampa ottocentesca della Cassina de’ Pomm, luogo dove oggi la Martesana si interra sotto Via Melchiorre Gioia.
Il Naviglio della Martesana, che scorre all’aperto per 38 chilometri, prima di essere tombinato alla fine di via Melchiorre Gioia, nei pressi della Cassina de Pomm, ha sempre rappresentato una delle principali vie d’acqua di Milano, che attraversava la città da sud a nord, dalla chiusa di San Marco fino ai navigli pavesi, utilizzando come anello di congiunzione proprio la fossa interna, antica circonvallazione della città.
Il fiume Seveso, oggi interamente tombinato, scorre sotto la città per molti chilometri: circa 9 da Niguarda, a nord, fino all’unione con il Naviglio della Martesana, all’inizio di Via Melchiorre Gioia, subito prima di giungere alla Conca di S. Marco. Questo fu il primo fiume deviato, già dagli antichi romani, che lo fecero girare intorno alle mura difensive della prima città imperiale. Dirottato sull’odierna via Larga, le sue acque si ricongiungevano al canale della Vetra, sottopassavano la Fossa Interna dei Navigli, per poi confluire, ancora oggi, nella Vettabbia. Quest’ultima, seguendo la direzione di Corso Italia riaffiora alla periferia sud di Milano, pressappoco in zona Ripamonti, per immettersi poi nel Lambro.
Così anche il torrente Nirone, oggi scomparso, al tempo dei romani faceva lo stesso lavoro del fiume suddetto (per questo detto piccolo Seveso), ma nel senso opposto, girando intorno alle mura sul lato ovest: scendendo da nord per l’attuale Via Canonica, e irrigando sin dal Medioevo il borgo degli Ortolani, costeggiava il Parco Sempione, lato Arena, per poi dirigersi dietro l’attuale Basilica di S. Ambrogio, lungo una via che porta il nome del torrente (Nirone). Alla fine si ricongiungeva al Grande Seveso, all’altezza della Vetra. Anche della Vetra, nei nostri passati interventi abbiamo parlato; basta qui dire che rappresentava una sorta di area depressionaria per chi usciva dal recinto cittadino antico, spesso impaludata. Qui un cavo omonimo convogliava tutta una serie di rivi d’acqua, compresi a quelli sopra citati alla fine del circuito delle mura, e alimentava oltre alla Vettabbia anche il Naviglio di Via Arena che portava, attraverso un salto, l’acqua della fossa interna alla Darsena.
Tra i grandi fiumi di Milano non si può non citare il Lambro, il maggiore dei fiumi milanesi, che però è anche l’unico a scorrere a cielo aperto nella maggior parte del suo percorso nella parte più orientale della città: attraversando da nord Cascina Gobba, Cimiano, e il parco Lambro, arriva a Lambrate (il borgo che ne trae il nome) e attraverso il quartiere dell’Ortica, arriva al parco Forlanini.

Punto di origine del Redefossi a porta Nuova, all’inizio dell’attuale Porta Nuova, in una mappa del 1884
In ultimo, una doverosa citazione si deve anche al Cavo Redefossi, che era il vero e proprio canale di scolo delle fognature di Milano, fin dai tempi dei Romani. Si originava a Porta Nuova, proprio di fronte alla stazione ferroviaria della linea Milano-Monza, alimentato dalle acque del Seveso e dal Naviglio Martesana. Ma Il “Re’ De Fossi” divenne già con la costruzione delle mura spagnole, il canale esterno all’abitato, che scorreva, come una falce di luna, nel lato destro della città. Arrivato in Piazza Medaglie d’Oro, ancora oggi percorre, in sotterranea, l’attuale Corso Lodi e riaffiora a San Donato, dove confluisce nella Vettabbia e nel Lambro all’altezza di Melegnano. Sperando di avervi restituito una panoramica di tutti i principali rivi che irroravano i quartieri della nostra città, allo stesso tempo abbiamo tentato di illustrare come Milano fosse un’autentica città d’acqua e come da questi tronchi principali si dipartissero migliaia di canali che in alcuni casi si spingevano fino a servire i cortili delle singole case della vecchia città.
14 Trackbacks
[…] qui una grande chiusa di contenimento delle acque della zona destinate ad alimentare la fossa del Naviglio interno), sorgeva tra il numero civico 14 e 8, ancora prima dell’ultima guerra, una casa a due cortili, […]
[…] prete di nome Liprando, di servizio all’antica e scomparsa Chiesa di S. Trinità, presso il Borgo degli Ortolani (l’attuale […]
[…] il primo in città, che aveva qui come insegna la testa di una lupa (simbolo molto comune fra gli armaioli, soprattutto fra quelli milanesi), che era riprodotta su una lapide murata sull’edificio. Stessa cosa, per analogia si può dire […]
[…] edifici sacri sorti lungo fiumi o rivi ci ricordano i nomi dei corsi d’acqua della nostra città, ormai spariti o tombinati, come la chiesa di S. Siro alla Vepra (dal nome del canale che da […]
[…] alla città medioevale), che vi accoglie subito all’ingresso e che un tempo si rifletteva sul Naviglio del Molino delle Armi (oggi inghiottito dalla cerchia della circonvallazione più interna) alla fine di Via Cesare Correnti, in un’anonima piazza, oggi dedicata alla Resistenza […]
[…] di Milano. Non voglio farne un discorso da passatista legato ai paesaggi e agli scorci della “vecchia Milano”, ma vorrei riflettere con voi sul senso di certe operazioni immobiliari, soprattutto quelle […]
[…] Romana e l’attuale Porta Vittoria, a ridosso delle mura cittadine medioevali, quindi lungo la cerchia del Naviglio interno, si insedino o si coagulano vicende legate a una religiosità “diversa”, lontana […]
[…] urbana fu in qualche modo influenzata dalle attività correlate alla costruzione del Duomo: la fossa interna dei Navigli, in primis, che doveva veicolare i barconi carichi di legname e pietre per la fabbrica venne […]
[…] un un canale scolmatore ancora esistente e in questo punto non tombinato (destino che non è toccato a ben altri rivi di Milano!), che nasce da una sponda del Naviglio Grande, all’altezza della Chiesa di S. Maria delle Grazie […]
[…] principali dei sestieri, serviti poi da lunghi vicolo stretti e umidi), rimane compreso entro la cerchia interna dei Navigli; le tipologie edilizie sono ancora quelle dell’impianto medioevale, con edifici stretti e […]
[…] per il funzionamento degli impanti era stata portata qui attraverso un canale direttamente dall’Olona e in parte addotta attraverso gli svariati pozzi rinvenuti nella zona, essendo in zona anche la […]
[…] costrinse a grandi lavori infrastrutturali, a iniziare dalla deviazione del fossato, spostando il corso del Seveso lungo l’attuale Corso Magenta e spianando una grande area dove si era generato col tempo un […]
[…] e la fine del XV, Milano era uno fiorente centro commerciale, denso di case all’interno della cerchia del naviglio, e al di fuori, come ogni mappa del periodo può testimoniare, si trovavano una serie di borghi […]
[…] farlo dalla parte più recondita e meno conosciuta, seppur su strada, quasi all’ingresso dalla Cerchia dei Navigli, la chiesa interna a quello che era l’ospedale più grande della città, per il conforto di […]