Second Life. La seconda vita (di lavoro) più bella della prima!

Oggi non vi parlerò di storie della nostra città, ma di vite di Milano, vite vissute in questi anni di crisi, difficili anche economicamente, e dei molti modi di come li si possa affrontare coraggiosamente, anche essendo disposti a rimettersi in gioco. Credo che anche questa sia Milano.

Ma andiamo con ordine… Avevamo già visto tempo fa con un articolo di Ciabattinadx che ci spiegava di come non sia mai troppo tardi tentare di mettere in gioco i talenti personali o di far diventare le proprie passioni un mestiere possibile. Oggi le chiamano Second Life; sì come il mondo virtuale in cui gli utenti rappresentati da avatar interagiscono gli uni con gli altri, come se fossero altro da noi. Ma qui parleremo di esistenze vere e vissute, fatte di speranze, sogni, sudore e spesso nostalgia per quello che si è dovuto lasciare. Perché spesso il sacrificio infatti è stato così pesante da dover lasciare persino il proprio paese. Per questo riporteremo storie di chi si è reinventato all’estero e di chi ha tentato di farlo in Italia, vicende di individui (in questo caso di donne) spinti dalle esigenze più disparate. Ma tutti per sete di cambiamento o promozione personale. In un paese dove tutto è stagnante c’è ancora qualcuno che si alza la mattina e dice: “Si cambia. Basta! Finalmente si cambia veramente, partendo da me!”. Le storie sono quelle di Barbara e Elisa, che hanno scelto di andare a vivere all’estero, non nella vecchia e sonnolenta Europa, ma in uno di quei paesi emergenti, da poco accolti nel G20, nel lontano Brasile. E poi c’è il caso di Francesca che nella stessa Milano ha riconvertito le proprie ambizioni nel campo della cucina. Bene! Io le ho intervistate tutte e tre. Storia 1: Barbara Iniziamo da Barbara Pascali, 39 anni, trasferitasi 8 anni fa in Brasile, nello stato di Bahia, chiamata da Barbara Olivi, presidentessa della Onlus ilsorrisodeimieibimbi che vive da 12 anni in Rocinha. Entrambe sono oramai trapiantate da anni nel cuore della favela Rocinha (Rio de Janeiro), la piú grande dell’America del Sud.

La favela Rocinha, vicino Rio de Janeiro (Brasile)

La favela Rocinha, vicino Rio de Janeiro (Brasile)

Qui, la Onlus (Il Sorriso dei miei Bimbi – www.ilsorrisodeimieibimbi.org) , per cui Barbara Pascali lavora in qualità di responsabile comunicazione e web, si occupa di programmi di educazione infantile e formazione giovanile. Con mamme e famiglie hanno un link emotivo molto forte grazie al programma di SAD (sostegno a distanza). Il Sorriso dei miei Bimbi é una Onlus legalmente riconosciuta che opera in Brasile attraverso una ONG che hanno dovuto costituire, perché in quel paese le non profit non possono operare se non attraverso ONG legalmente riconosciute. Per questa struttura riveste invece il ruolo di co-direttrice. Questa svolge una serie di progetti improntati alla formazione giovanile così come recita il loro payoff – L´educazione cambia la vita: una scuola materna con 100 alunni, un progetto per ragazzi a rischio criminalitá organizzata e gravidanze precoci, uno di alfabetizzazione per bambini, ragazzi ed adulti (non sapete quanti analfabeti completi o funzionali esistono nelle oltre 1000 favelas intorno a Rio!!), un programma di assistenza alle famiglie, un progetto di turismo responsabile. Inoltre hanno appena concluso la ristrutturazione del PRIMO CAFFÉ LETTERARIO DI ROCINHA, un bio bar, libreria caffé e internet point pensato per i ragazzi della favela e realizzato grazie all’8permille della chiesa valdese e all´albo degli architetti di Pavia (che ha fatto il progetto e due sopralluoghi a titolo gratuito). La famiglia di Barbara, costituita dal marito e dalla figlia di 8 anni, vive nello stato di Bahia, a circa 1000 Km da Rio. Fa la pendolare, perché lì l’organizzazione ha un altro progetto di professionalizzazione giovanile dei ragazzi di Rocinha che si spostano lì a fare un ´esperienza di lavoro (e di vita). E’ l´unica dello staff a non vivere in favela perché si occupa del coordinamento. Ci dice candidamente che “Il bello di andare a vivere all´estero é che ci si mette in gioco, sempre, ogni giorno. Si sbaglia tanto, ma ci si scopre anche. Quando fai una scelta come la mia, (come la nostra), é per sempre! voglio dire… in primo luogo abbiamo accettato l´idea che uno dei due (io) guadagnasse un decimo rispetto a quando stavo nell´ufficio legale della VISA a Milano. Per me è come una missione che senti dentro. Sai quando dentro senti quel clic? E mio marito mi sostiene in tutto, appoggia persino le nostre campagne. Quando vado a Rio sta con mia figlia, India. E’ bellissimo, viviamo con niente. Non abbiamo centri commerciali, ma riscopriamo la natura e il vivere con e per gli altri. Io non ce la facevo piú a vivere contro corrente, soprattutto a Milano, dove se non hai “quelle” scarpe sei una persona triste. Vedi… prima nel non-profit ci andavano a finire solo quelli che io definisco “scappati di casa”, ora queste realtà sono molto diverse. Ci sono tanti bravi professionisti”.

La favela Rocinha

Un angolo della favela Rocinha

… E se volete scrivere per saperne di più: info@ilsorrisodeimieibimbi.org Storia 2: Elisa Passiamo ora al secondo caso di milanese, che in già in tempi non sospetti, nel 2006, è volata in Brasile per tentare una nuova avventura. Lei ora vive a S. Paolo, passando per Rio. Al di là dell’Oceano c’è finita per amore. E’ il caso di Elisa, anch’essa 39enne, già operatrice nel campo dell’organizzazione di eventi. Anche a lei facciamo qualche domanda di rito, iniziando con le sensazioni di chi arriva da straniera, in un mondo nuovo: “Beh sai com’è, lavoravo per l’Università a Milano… non c’erano grandi prospettive di crescita professionale. E’ stato meglio essere passata da Rio a lavorare per la Fiera Internazionale, prima di andare a vivere a Sao Paolo. Rio de Janeiro è un posto che ami a prima vista ma col tempo ti accorgi che è molto difficile per viverci tutti i giorni. Sao Paolo quando la vedi pensi che sia davvero una “selva de pedra” -foresta di pietra – come la chiamano loro. Ma poi la scopri un po’ tutti i giorni. In questo è un po’ simile a Milano: più colta, e con più opportunità di lavoro e una maggiore etica professionale. Comunque non si puo’ pensare di vivere in una città di 20 milioni di abitanti per sempre. Mi sono ricordata del prof. Martinotti, celebre sociologo, e delle sue conferenze sulle megalopoli. Adesso avrei bisogno di un po’ di pace, in un luogo più piccolo, ma è in contrasto con il mio progetto professionale. Ma gli eventi sono in tutto il mondo. Lo facevo a Milano, lo facevo a Rio, l’ho fatto nella Bahia… e adesso a S. Paolo. Oggi fa il produttore esecutivo del settore eventi di una consociata della tv brasiliana Globo: il produttore esecutivo fa il planning dell’evento nel suo insieme, un po’ come il direttore d’orchestra, come l’architetto in cantiere che fa la direzione dei lavori: molte persone lavorano, montano, stockano, arrivano materiali e tu vai orientando tutti e tutto. Ci sono vari tipi di producer. Lei è una Producer executive: deve coordinare il lavoro di tutte le équipe, poiché un evento è fatto di contenuto, scenografia, logistica. Anche in Fiera a Rio era producer ma non era executive: coordinava semplicemente una parte delle operazioni. Chiediamo subito che tipo di eventi gestisce: “Lavoro in Sao Paolo e organizzo il Campus Party, un evento di geeks (nerds per intenderci!). E’ un incontro di ragazzi e professionisti legati al mondo della tecnologia che si riuniscono ogni anno. In maggioranza sono hackers (www.campus-party.com.br). Ma è molto più complesso di cosi. E’ un evento che dura una settimana, ci sono 9 palchi tematici (tecnologia e comunicazione, tecnologia e arte, tecnologia e imprenditoria etc.) 8000 persone dormono in tenda dentro il centro congressi. E’ tutto in streaming mondiale. In Italia dovevano farla quest’anno. Ma è cambiato il governo e non se ne è più parlato. In futuro forse ci sarà l opportunità di portarla anche in Italia. Quest’anno l’ho organizzata a gennaio a Sao Paolo e poi la apro a Recife a fine luglio. Quando la smonti e già tempo di ricostruirla!

Un momento del Campus Party

Un momento del Campus Party

Cosa si pensa di Expo2015? In Brasile se ne parla? Si sa che sarà in Italia? No, le persone non sanno cos’è… ma quelli che lavorano nel settore, nei centri congressi ne hanno almeno sentito parlare. Ma nessuno sa ad esempio, che il Brasile parteciperà con un proprio padiglione. La verità è che trattandosi di alimentazione, prima dovrebbero occuparsi di eliminare i cartelli delle multinazionali dei pesticidi. Una volta sono andata a un incontro alla Camera di Commercio e c’era un tizio della Regione Lombardia che diceva che stavano facendo degli accordi. Ma qui non c’è nessuna diffusione. Raccontami di te: sei felice? “A tratti, come tutti. Ma qui ho trovato molte più soddisfazioni, professionalmente, e amo il clima e quell’incanto che ancora le persone hanno qui in Brasile”. Riusciresti a rivendere la tua esperienza professionale in Italia? “Si, ma non vedo grandi opportunità; ho come l’impressione che sia sempre la stessa cosa, nepotismi e raccomandazioni”. Storia 3: Francesca A di là delle amarezze, c’è anche una bella storia di chi ha deciso di rimanere! E’ la vicenda di Francesca De Lucchi 37 anni, veneta di origine e milanese d’adozione, e di suo marito Piersergio, che di mestiere fa l’imprenditore nel campo del Web e della comunicazione digitale. Si conoscono in una fiera internazionale ad Hannover:entrambi lavorano nel settore della lavorazione meccanizzata del legno. Decidono di stare insieme e mettere su famiglia, a Milano. Qui lei viene assunta con un contratto a tempo indeterminato in qualità di manager dell’area commerciale, presso una società che fornisce servizi nel campo delle IIT e TLC. Ma non è il sogno della sua vita, non un traguardo! Vuole un progetto sano di famiglia slegato da ritmi lavorativi poco ortodossi, avere dei figli e potercisi dedicare. Il tutto non le sembra compatibile con i tempi di chi deve essere sempre orientata ad un risultato qui e ora. E poi le sue passioni viaggiano da tutt’altra parte. Comincia a farsi strada una strana idea: perché non fare della passione per la cucina, un mestiere? E’ così che nasce il progetto di aprire un piccolo ristorante, un bistrot, giusto un’idea di cucina di qualità, abbastanza piccola per poter realisticamente partire.

Il logo di Divina Piadina- Viale Abruzzi 22, Milano

Il logo di Divina Piadina- Viale Abruzzi 22, Milano

Piersergio ha in testa la piadina. E’ così che nasce il loro punto di degustazione della vera piadina romagnola a Milano, artigianale e stesa a mano, Divina Piadina. E’ la fine del 2006, in Viale Abruzzi 21, proprio di fronte al Bar Basso …così come nasce la loro bambina nel 2010. Oggi lei si dice soddisfatta. Lui l’aiuta la sera una volta smessi i panni del manager.. e i risultati non tardano ad arrivare! È notizie di pochi giorni fa il riconoscimento assegnato loro da Tripadvisor, come esercizio insignito del Premio di eccellenza 2014 per il miglior rapporto qualità del servizio/prezzo secondo le recensioni dei clienti raccolte sul sito.

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