Le Case Rotte di Milano: il destino di un nome e la (s)fortuna di una famiglia.
Approfitto, per introdurre il tema di questa nuova tappa alla scoperta della nostra città, di una bella mostra presentata in questi giorni alle Gallerie d’Italia di Piazza Scala (un vero e proprio luogo della cultura, per chi non lo conoscesse ancora, egregiamente organizzato dalla Fondazione Cariplo, per valorizzare il suo immenso patrimonio). Tale mostra è il frutto del prezioso archivio che documenta la fine dell’ultimo brandello di un quartiere storico della vecchia Milano: Case Rotte.
Di questo luogo oscuro ai più, ma centralissimo per posizione e storia, rimane oggi solo traccia in un toponimo, ossia nel nome di una via che da Piazza Scala porta verso Piazza Meda.
Ma perché questo nome di malaugurante accoglienza? Spesso il destino di un luogo è legato alla fortuna di una famiglia; e da qui la potente e decaduta famiglia dei della Torre o dei Torriani, storica rappresentante della fazione opposta ai Visconti, nonché proprietaria dell’intero quartiere, fin dal 1240 controllava l’intero comune. Ma dopo una lotta lunga e aspra per il controllo del potere, i Visconti ebbero la meglio sui Torriani, diventando così duchi di Milano. La vittoria fu tutt’altro che incruenta, poiché all’inizio del XIV secolo portò al saccheggio e alla distruzione dei ricchi edifici appartenuti all’antica casata contrassegnata dagli stemmi turriti, da parte della fazione filo-viscontea che si assicurò in tal modo il controllo assoluto sulla città e sui ricchi commerci. Come monito per chiunque avesse osato mettersi contro i nuovi padroni di Milano, le macerie delle “case rotte” rimasero per parecchio tempo in quel luogo, e i Torriani furono spinti all’esilio nelle loro proprietà del Canton Ticino (tanto che ancora oggi risultano essere signori del mendrisiotto!). Solo col 1567, l’area viene “pacificata” e riordinata, essendo assegnata ai Gesuiti, che qui creano anche la loro Casa Professa.

Gli sventramenti nell’antico quartiere, per la costruzione della Banca Commerciale, lasciano intravedere porzioni dell’antica chiesa di S. Giovanni alle Case Rotte (foto dell’archivio Cariplo)
Ma ancor prima dell’arrivo dell’ordine, il vero fulcro del quartiere diviene l’edificio della Chiesa di S. Giovanni, appunto, alla Case Rotte. Questa era sede di un’istituzione di utilità sociale di primaria importanza, cioè della potente Confraternita dei Disciplini. Questa infatti sovrintendeva all’assistenza dei condannati a morte e alla sepoltura dei loro cadaveri. Nel 1873, in pieno clima anti-clericale dopo la conquista di Roma, il Comune di Milano, ne acquisterà l’edificio, lo chiuderà al culto, destinandolo a uffici. E qui il cerchio si chiude, poiché nel 1906 per far completare la nuova sede della Banca Commerciale, l’arch. Luca Beltrami, incaricato della costruzione dell’opera, col favore del Comune decide di demolire la ex chiesa e ciò che rimane del vecchio quartiere.
La distruzione, ben documenta dalla mostra alle Gallerie d’Italia, è della fine del 1907. Si recuperano gli affreschi e la facciata, che verrà poi ricostruita in Via Ariosto, dall’arch. Paolo Mezzanotte nel 1924, sul fianco di un’altra chiesa demolita e in parte ricostruita, quella di S. Maria Segreta…..ma questa è un’altra storia!.
2 comments, add yours.
vagoneidiota
Bellissima storia
klement
Senza sventramenti non avremmo neppure il Teatro alla Scala e la Galleria Vittorio Emanuele.
Ma la maggior demenza è che lavori strampalati come riaprire i navigli buttando all’aria la città per scimmiottare Amsterdam vengano spacciati per recupero della vivibilità ecc., col delirio di onnipotenza di creare dal nulla il migliore dei mondi possibili. Lo stesso con cui Mussolini ricreava la romanità, Bossi la celticità e Pol Pot l’antico impero Khmer.
Fosse pure vero che col senno di poi chiudere i navigli è stato una boiata, chiuderli e poi riaprirli sarebbero due boiate.
Piuttosto si potrebbe fare nel parco dopo l’expo una riproduzione in miniatura della vecchia Milano, invece di montarsi la testa di rifarla davvero
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